Tuvalu è un’isola del Pacifico meridionale, seppur piccola è uno stato indipendente e formalmente parte del Commonwealth britannico. Purtroppo da alcuni anni, l’esistenza stessa della piccola nazione è minacciata dall’innalzamento del livello dei mari, come succede ad esempio durante le alte maree, quando una buona parte della capitale del paese si trova sommersa. Di Tuvalu ne avevamo già parlato lo scorso anno, quando il suo ministro degli esteri aveva tenuto una conferenza stampa per denunciare che, se non si fosse fatto qualcosa, il proprio stato non sarebbe sopravvissuto al cambiamento climatico. Era la conferenza stampa prima dell'inizio della #cop26 di Glasgow. Il ministro non si dà pace e, anche quest'anno, per la #COP27 che si è tenuta nelle scorse settimane a #sharmelsheik in #Egitto ha deciso di tornare a denunciare l'inazione delle potenze mondiali davanti al dramma del cambiamento climatico. Questa volta ha annunciato di trasferire il proprio stato in un cloud, sì avete capito bene. “La nostra terra, il nostro oceano, la nostra cultura sono i beni più preziosi del nostro popolo e per tenerli al sicuro da ogni pericolo, qualunque cosa accada nel mondo fisico, li trasferiremo nel cloud. L'idea è quella di continuare a funzionare come Stato e di preservare la nostra cultura, la nostra conoscenza e la nostra storia in uno spazio digitale". Così si è espresso Kofe, il ministro di Tuvalu a Reuters.
Che il cambiamento climatico possa incidere pesantemente nelle nostre vite, forse non l'abbiamo ancora capito. Pensiamo a estati più calde o a inverni più rigidi, ma invece il cambiamento climatico va oltre tutto ciò e mette a rischio l'esistenza del mondo così come lo conosciamo. Proprio per questo ogni anno gli stati del mondo si riuniscono per parlarne in una conferenza chiamata COP e che quest'anno è arrivata alla ventisettesima edizione. Che decisioni sono state prese? Che si è detto? Cerchiamo di sintetizzarvelo noi, alla maniera nostra.
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